I disturbi del linguaggio dei bambini: come affrontarli e trattarli

Il ritardo o disturbo del linguaggio (DL) costituisce una condizione frequente nella fascia di età prescolare ed è caratterizzato da una grande variabilità, generalmente dovuta sia ad alterazioni biologiche del soggetto, sia a fattori ambientali (minore o maggiore stimolazione in ambito familiare, inserimento precoce a scuola, presenza di fratelli o sorelle).

Abbiamo approfondito l’argomento insieme alla Dott.ssa Jessica Motti, Specialista in Logopedia e Audiometria presso il Centro Medico Spallanzani di Parma.

“Il disturbo primario del linguaggio si manifesta con una difficoltà nella comprensione e/o produzione di parole e frasi in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenze socio-ambientali. – spiega la Dott.ssa MottiIl linguaggio è una funzione cognitiva estremamente complessa che, in situazioni di sviluppo tipico, viene in genere acquisita con apparente facilità e naturalezza”.

Come sottolinea la Dott.sa, “Nonostante ci sia una grande variabilità nei tempi, modi e nelle strategie utilizzate per apprendere il linguaggio, nello sviluppo tipico si osserva un percorso comune fondato su una serie di passaggi e tempistiche”.

Nel dettaglio, questi step di sviluppo “tipico” che riguardano il bambino/a si possono riassumere come segue:

  • 2-5 mesi: emergono le prime vocalizzazioni;
  • 7 mesi: inizia a produrre serie sillabiche ripetute, la lallazione (babbling) canonica, cui successivamente si affiancano serie di sillabe variate, lallazione variata, che saranno usate per produrre le prime parole;
  • 9-13: mesi compaiono i gesti comunicativi deittici (indicare un oggetto) e referenziali (fare “ciao” con la mano);
  • 17-20: mesi arricchimento del vocabolario;
  • 24-38: mesi combinazione di due o tre parole formando frasi che diventano via via più complesse;

Non tutti i bambini seguono necessariamente le tappe delineate: alcuni presentano ritardo nello sviluppo linguistico (parlatore tardivo), altri uno sviluppo non solo ritardato ma anche deviante (disturbo primario di linguaggio). – aggiunge la Dott.ssa Motti – Uno degli scopi della valutazione logopedica è proprio quello di distinguere uno sviluppo tipico da uno atipico.

Esistono errori tipici della normale acquisizione del linguaggio, come ad esempio alcune semplificazioni (“copa” per “scopa”), ma solo fino ad una certa età; esistono poi errori “atipici” che non si incontrano nel classico processo di acquisizione del linguaggio. Molti parlatori tardivi raggiungono il livello di sviluppo linguistico dei loro pari soprattutto quando la comprensione linguistica è preservata e non vi è in famiglia una storia di problematiche di linguaggio e di lettura.

Nel 5-7% della popolazione il disturbo persiste dopo i tre anni e, in questi casi, è raro che prima dell’età scolare si verifichi un recupero spontaneo delle abilità linguistiche attese per l’età cronologica”.

DIFFICOLTÀ LINGUISTICHE: CONSEGUENZE

Le difficoltà linguistiche del bambino con Disturbo primario del linguaggio comportano in numerosi casi conseguenze evidenti durante la scuola dell’infanzia e i primi anni della scuola primaria, con possibile evoluzione in disturbi dell’apprendimento (lettura e scrittura), per questo è fondamentale intervenire precocemente.

Il trattamento d’elezione è senza dubbio quello logopedico – conclude la Dott.ssa Motti – ma è bene sottolineare che l’efficacia dell’intervento terapeutico è molto variabile, vista l’eterogeneità della categoria dei Disturbi primari del linguaggio, e necessita di essere analizzata e valutata accuratamente caso per caso”.